giovedì 16 dicembre 2010

La fede nel dubbio

C'è stato un tempo in cui ho creduto fermamente che ci fosse qualcosa di grande ed immenso al di sopra delle nostre forze e concezioni.
In quel tempo credevo di poter essere salvata per il semplice fatto che esisteva un dio misericordioso ed eterno che si sarebbe preso cura di me. L'ho cercato a lungo e l'ho cercato nel modo in cui mi avevano suggerito di farlo, aderendo a quella religione che mi era stata trasmessa sin dall'infanzia. Ho compiuto un cammino spirituale, interiore; ho pregato, ho cercato di spogliarmi della mia umanità...ma non ci sono riuscita.
Dio alla fine non l'ho trovato né nel modo in cui mi avevano consigliato di cercarlo, né nelle persone, né nei luoghi, né altrove.
Ho incontrato soltanto una grande confusione e non solo in me, ma anche in coloro che si proclamano seguaci di quel dio. Una fede basata su qualcosa di assolutamente innaturale, volta alla mortificazione dell'umano e tendente ad un ideale troppo ideale.
Magari qualcuno ci si può trovare anche bene e pensare di aver scoperto la verità nella religione ( qualunque essa sia ) che ti fornisce certezze, che ti dà risposte, che ti spinge a seguire una via predefinita se vogliamo.
Io ho scoperto che la sola vera certezza nella vita è che non abbiamo certezze ( è una citazione, ma non ricordo di chi ). Ho smesso di credere in dio ed in qualunque cosa costituisca un caposaldo nell'esistenza umana perché ho capito che sono solo illusioni. Sono concetti validi se ci credi, se sei fermamente convinto che esista il sovrannaturale; che quello che ti viene trasmesso è una verità inconfutabile solo perché sono in tanti a credervi. Io mi ci sono avvicinata con sincerità, con il cuore aperto...e per un periodo della mia vita ne ho tratte delle soddisfazioni; ci ho creduto e pensavo di essere felice e completa. A tutte le domande che mi ponevo cercavo risposta sempre nella stessa direzione: nella fede, nella religione, nel dogma, escludendo che oltre a ciò potessero esistere verità altrettanto valide o forse anche più valide.
Il mio cervello era chiuso in un circuito limitato, fatto anche di domande e dubbi di portata elevata, ma subito affogati nella risposta preconfezionata, o se vogliamo, unidirezionale.
Vivevo in una famiglia più o meno osservante, più per bigottismo e per educazione ricevuta che non in seguito ad un percorso di fede intrapreso; amavo una persona osservante che si poneva qualche domanda qua e là ma senza andare troppo a fondo evidentemente. Ricordo che mi diceva:” Certi ragionamenti che tu fai io non li avrei mai nemmeno immaginati.” Ma a me stava bene così. Avevo le mie certezze, ero innamorata, la mia vita andava a gonfie vele ed ero felice. Un giorno avremmo avuto la nostra famiglia del Mulino Bianco e tutti i problemi sarebbero magicamente scomparsi dalle nostre vite. Lui era semplicemente perfetto, l'uomo dei miei sogni e quando stavamo insieme io mi sentivo al massimo della gioia. Volevamo sposarci.
Dio era nella mia vita e la rendeva armoniosa. Mi dava quella spiritualità di cui sentivo il bisogno, quell'andare oltre il materiale ed il presente. Era anche un po' una via di fuga dalle brutture della realtà; una risposta alle tante domande relative al dolore, all'odio, alla sofferenza umana.
Credevo che ci sarebbe stata un'altra vita dopo la morte e quindi tutto fosse vissuto in vista di quel momento; che il dolore e la sofferenza fossero prove e tappe necessarie per raggiungere uno stato di grazia ed una ricompensa spirituale nel giorno del Giudizio.
Sono entrata a far parte attivamente della vita parrocchiale, mi sono resa disponibile cercando di vincere dei pregiudizi relativi a quell'ambiente, cercando di accogliere gli altri e di vivere con carità quell'esperienza, ma non sono mai riuscita a sentirmene completamente parte.
Pensavo di essere sbagliata, di avere qualcosa di diverso dagli altri e questo mi faceva sentire a disagio. Però credevo in Dio e il Lui tutto si annullava. In fondo ero certa che Lui vedesse e sapesse ogni cosa di me e del mio cuore, e quindi sarebbe riuscito in qualche misura ad accettare i miei sforzi per raggiungerlo.
Ho continuato a credere anche quando la storia con l'uomo dei miei sogni è finita perché ha cessato di essere un sogno e, ad un certo punto, ci siamo dovuti misurare con una realtà che andava un po' stretta, soprattutto a me.
Ho continuato a credere anche quando ho incontrato colui che è entrato nella mia vita per sostituire l'uomo dei sogni e consolarmi dalla delusione. Ho creduto nella solitudine e nella sofferenza di un rapporto illusorio e persino quando il falso equilibrio si è definitivamente spezzato.
Ho creduto anche quando ho avuto a che fare con sacerdoti che hanno dimostrato in tutto e per tutto di essere qualunque altra cosa ma non sacerdoti. Quando ne ho avuto bisogno si sono rivelati per quel che erano.
E' vero: anche i sacerdoti sono uomini e quindi imperfetti; bisogna perdonare ed avere carità; bisogna sopportare pazientemente...ma quando queste persone dall'alto del loro incarico dicono agli altri cosa dovrebbero o non dovrebbero fare e poi si comportano esattamente al contrario di quello che predicano...beh, con tutta la pazienza e la comprensione possibile, dopo un po' al fedele meno ottuso e succube girano anche i coglioni!
Ed io non sono un'anticlericale, sia chiaro. Non sono una che attacca, lancia in resta, la Chiesa. Mi piace essere obiettiva, quindi ho capito che il Cattolicesimo e le religioni in genere non fanno per me.
Inoltre ho compreso che la religione è un'istituzione umana e non vi è nulla di sovrannaturale, anzi.
Alla luce di questo mi sono resa conto che avevo bisogno di altre verità, di confrontarmi con la realtà e non solo quella passata sotto il setaccio della religione. Ho messo in forse tutte le mie convinzioni; mi sono persa, ritrovata e persa di nuovo.
Non ho trovato la Verità. Ho solo intravisto, sfiorato, assaggiato tante possibili verità; tutte interessanti, qualcuna solo per un breve periodo, qualcun'altra per un lasso di tempo più lungo, magari qualcuna per tutta la vita. Ma nessuna certezza inconfutabile; nessuna Verità assoluta ed incontrovertibile.
Ho deciso che vivrò la mia vita così, godendo del beneficio del dubbio e non accontentandomi mai di fermarmi alla prima risposta che ricevo. Non è che non mi voglia fidare dell'autorevolezza di qualcuno, ma proprio perché ogni individuo è qualcosa di unico, mi rifiuto di entrare a forza negli abiti preconfezionati. Preferisco farmeli su misura.
Anche perché, diciamolo pure, chi può sapere meglio di me cosa è giusto per me stessa? Potrà sembrare un discorso banale e qualunquista, ma posso garantire che non l'ho acquisito per partito preso: ci sono arrivata dopo anni di sperimentazioni sulla mia persona. E' un metodo assolutamente scientifico. Ma non esistono regole universali.